mercoledì 21 gennaio 2004

Nasce la Scuola di Giornalismo di Urbino di Carlo Paci



Carlo Paci 
Ho ben presenti i momenti del mio primo incontro con il grande critico letterario e Rettore dell’Università di Urbino, anche se sono passati quasi venticinque anni. Ma di una personalità tale, nulla si può dimenticare.
Per la morte dello stimato e valido presidente dell’Ordine dei giornalisti delle Marche, Ermete Grifoni subentrai io, che ne ero il vice.
Nell’Istituzione l’idea di aprire una scuola di giornalismo presso l’Università urbinate era già stata affrontata e toccò a me – con la collaborazione del segretario Gianni Rossetti (che poi ne diverrà direttore) – di affrontare la fase decisiva del progetto che trovò l’immediata approvazione del Rettore Carlo Bo.
Si era intorno alla primavera del 1990 e il professor Carlo Bo ci diede un appuntamento che diventò decisivo per la scuola.
A breve ebbi l’occasione di incontrarmi altre volte con il “Magnifico” (come voleva essere chiamato) riuscendo perciò a catturare, quanto più possibile, alcuni aspetti del suo carattere. Fisicamente era abbastanza imponente, il volto con un’ espressione – se mi è permesso – di gatto sornione pronto, però, a urlare ordini perentori.
Con una certa civetteria cercai di entrargli in grazia perché avevo notato che suddivideva le conoscenze in gradite, meno gradite e indifferenti. Questa graduatoria la si riscontrava platealmente nell’atto di essere suo ospite all’interno della sua modesta stanza di Rettorato. Ai primi veniva, infatti, offerto il vermouth e un biscottino prelevato dalla famosa scatola di latta dei “Lazzaroni”. Alla seconda categoria solo il vermouth. Alla terza l’invito ad accompagnarlo gentilmente alla porta, rivolto al fedele “commesso”.
Lo stesso comportamento si rivelava negli inviti a pranzo, al termine dei  quali, alla prima venivano offerti il caffè e una pasta (la scelta cadeva sempre sul bignè); alla seconda solo il caffè, per gli ultimi non c’era nemmeno l’invito a pranzo.
Seppi dai suoi fedeli che era un appassionato raccoglitore di ex libris ed io riuscii ad ottenerne uno di Adolfo De Carolis che gradi enormemente. Ma il colpo di fortuna fu su un aspetto fisico delle donne, per le quali lui nutriva altrettanto nota attenzione.
Avvenne un giorno, all’uscita dal Rettorato,  mentre ci recavamo al Circolo per il pranzo,    incrociammo un gruppo di giovani donne, al che gli feci notare che le Urbinate avevano tutte delle belle gambe impreziosite da eleganti muscolature dovute ai continui saliscendi della città di Urbino.
Fu il colpo decisivo per entrare nella sua considerazione.
Al di fuori di queste noticine da considerarsi veramente di poca consistenza cronachistica, il ricordo più importante di Carlo Bo è senza dubbio il rispetto (a volte fino all’adorazione) del rapporto con la città e gli Urbinati che apprezzavano le sue iniziative di alta cultura legate alla sua statura di letterato, romanziere, poeta, critico, docente ed editorialista di esclusive terze pagine.
Una simbiosi anche sul piano civile essendo stato per più legislature a Palazzo Madama fino alla sua nomina a senatore a vita, ad opera del presidente della Repubblica Pertini.
 Nelle rare occasioni in cui ho avuto la fortuna di ascoltarlo, quando i discorsi non erano solo progettuali per la scuola di giornalismo, si rimaneva affascinati dalla facilità di apprendimento dei suoi concetti sull’arte espressi con un gradevole eloquio punto dottorale.
Dinanzi il suo curriculum di Magnifico Rettore (per 53 anni!) si rimaneva sconcertati ad  essergli vicini ed accettati.
 Quando lo conobbi lui aveva 79 anni, ma da tempo era già un monumento del sapere e la sua personalità era già prestigiosa nel mondo della cultura. Eppure nel tratto era semplice, sempre comprensivo, a volte  sobriamente ironico.
Concludendo, a dimostrazione della validità della scuola di giornalismo presieduta da Carlo Bo, oltre a risultare la seconda – per importanza - in Italia, dopo quella di Milano, ha creato finora oltre trecento giornalisti molti dei quali di buona firma.    

 di Carlo Paci

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